Matteo Salvini ha spiegato quali sono stati i punti focali che hanno portato il Consiglio dei Ministri ad affossare il decreto crescita.
La notizia più importante del momento nel mondo del calcio, ma esterna al campo, è sicuramente quella dell’annullamento del decreto crescita. Per meglio dire il decreto non è stato annullato, ma il Consiglio dei Ministri non ha fatto passare la Milleproroghe. Come spiega il nome, il decreto avrebbe prorogato diversi provvedimenti fino al 29 febbraio del prossimo anno, permettendo alle squadre di Serie A di vivere la finestra di mercato invernale come sempre. Tuttavia il governo ha deciso di bocciare la proposta, mettendo così diversi club di Serie A in difficoltà, soprattutto nell’organizzazione del proprio calciomercato.
È chiaro che, soprattutto a fronte di come è arrivata la notizia, ci fossero delle spiegazioni da dare. In primo luogo perché l’ok sembrava cosa fatta, poi perché la discussione in CDM è stata quantomeno accesa. Di conseguenza Matteo Salvini, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, ha spiegato quali sono stati i motivi che hanno portato alla bocciatura del decreto. In particolare le parole del vice premier raccontano come la decisione del governo sia decisamente più politica che pratica. Infatti Salvini ha spiegato che lo stop al decreto è volto anche alla valorizzazione dei vivai e dei giovani italiani.
Lo stop al decreto crescita ha fatto tremare i vertici del calcio italiano. In pochi giorni sono spuntate le parole di Furlani, proprio inerenti al tema, e quelle di Lotito. Tra l’altro il presidente della Lazio è anche un senatore, il che fa capire come ci sia stata effettivamente una discussione accesa tra le parti. Tornando alle dichiarazioni, Salvini ha parlato sui propri profili social, dicendo: “L’obiettivo è aiutare il calcio italiano anche e soprattutto valorizzando i vivai. Per questo motivo la Lega ha deciso di stoppare la norma che permetteva ai giocatori stranieri di pagare meno tasse”.
Dopodiché il vice premier ha continuato così: “Sono convinto che sia una scelta di equità e buon senso. Il decreto crescita è stato un aiuto straordinario durato anni. Doveva essere un’occasione, ma così non è stato. Mi sorprende la decisione dei club perché sembra che il problema sia la mancanza di una sorta di reddito di cittadinanza per i giocatori comprati oltre confine”.
Confermata così la scelta politica e non pratica. Tant’è che i club dovranno incassare, accettare e trovare una nuova linea di attacco al mercato. È chiaro però che il tempismo le modalità siano stato decisamente delle peggiori per quei club che avevano programmato il mercato di gennaio.
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