“Una casacca di seta blu” – La recensione del libro di Paolo Frusca
Uscito quasi in sordina appena dopo il primo lockdown, “Una casacca di seta blu” è un romanzo calcistico scritto da Paolo Frusca, già autore di Notturno jugoslavo (insieme ad Emanuele Giulianelli) e “L’ultima estate di Berlino” (insieme a Federico Buffa).
Mentre nel giugno del ’78 Vienna si prepara ad assistere alla partita fra Italia ed Austria ai Mondiali argentini poi tristemente ricordati per quelli in qualche modo indirizzati dal regime dittatoriale di Jorge Rafael Videla, il protagonista del romanzo scopre i luoghi iconici della città con una guida d’eccezione: uno dei più influenti allenatori della storia del calcio, Bela Guttman. Da questa originale premessa parte il racconto della carriera incredibile di Guttman, che si intreccia con quella del padre del protagonista, un giornalista sportivo austriaco.
Ancora una volta l’autore scrive un romanzo imperdibile per chi ama lo sport. “Una casacca di seta blu” verrà apprezzato da chi ama il calcio e conosce anche solo sommariamente la storia di Guttman, e del calcio danubiano a cavallo fra le due guerre mondiali. La figura dell’allenatore ungherese sembra rivivere attraverso le parole di Frusca, e il racconto passa da toni comici a toni tragici senza mai essere eccessivamente ironico, o eccessivamente pesante.
Ho amato il libro perché restituisce la storia di un uomo conosciuto ai più praticamente solo per la famosa “maledizione“, ma che in realtà è stato determinante per lo sviluppo del gioco del calcio in tutto il Mondo (non dimentichiamoci che ha allenato anche in Brasile).
Non bisogna cadere però nel tranello. Il romanzo non parla solo di Guttmann, ma descrive il periodo dei Caffè viennesi, luoghi nei quali si discuteva e si scriveva di calcio, e quindi si arriva a raccontare le gesta del Wunderteam di Hugo Meisl, con i fari puntati su Matthias Sindelar, considerato il calciatore più forte di quei tempi, poi tragicamente scomparso poco dopo l’Anschluss.
Insomma, storia e calcio si intrecciano in maniera indissolubile. Un romanzo che è un piccolo gioiello che non perde mai il ritmo e ci restituisce un ritratto vivo di un’epoca storica che consideriamo molto lontana, ma che ha indirizzato inequivocabilmente tutto quello che siamo ora.
Quattro anni fa io stesso avevo raccontato la carriera di Guttmann su StadioSport, ovviamente non potendo mai raggiungere i livelli di Frusca. Spero tuttavia sia interessante per chi legge approfondire tema.
0 comments on “Una casacca di seta blu” – La recensione del libro di Paolo Frusca