Tottenham – Manchester City, l’analisi tattica della vittoria degli Spurs
Il nuovo capitolo della grande sfida fra Mourinho e Guardiola ha seguito i topos caratteristici della storia dei due allenatori che hanno storicamente dominato il panorama europeo l’inizio degli anni ’10 del 2000. Quindi il Manchester City ad attaccare, ad avere il possesso della palla per gran parte del tempo, a giocare di posizione, mentre il Tottenham rinuncia preventivamente alla palla, coprendo benissimo tutti gli spazi e ripartendo con transizioni perfette.
Un classico che si ripete fra Mou e Pep, con il portoghese che questa volta ha avuto la meglio e continua la striscia positiva che lo proietta sempre più in alto in classifica.
Guardiola ha affrontato l’avversario con le sue armi, scegliendo di tener fuori Sterling ed Aguero (che non era al meglio) e utilizzando lo stratagemma del falso terzino per avere il controllo del pallone a centrocampo.

Cancelo non occupava infatti la fascia come un terzino tradizionale, ma andava a stringere la posizione a centrocampo, vicino a Rodri. Spesso questo movimento era accompagnato anche da Walker, andava a crearsi così un 2-3 in impostazione.
Di certo ha avuto il controllo della sfera, ma non quello dei ritmi della gara. Mourinho conosceva il nemico, e ha con tranquillità accettato il contesto, creando un blocco medio molto compatto che ostruiva tutti gli spazi centrali. Il Manchester City da ampiezza con le due ali (ieri a Ferran Torres a sinistra e Mahrez a destra), e occupa gli halfspace con Bernardo Silva, De Bruyne, Mahrez, Gabriel Jesus e in generale muovendo tutti i suoi giocatori offensivi per dare più soluzioni di passaggio al portatore di palla.
Il Tottenham è stato perfetto nel difendere proprio gli spazi di mezzo, mantenendo le due linee di centrocampo e difesa così stretta da creare praticamente quasi una difesa a 6.
Nel video sotto concentratevi su Hoijberg e Sissoko e su come difendano quella zona di campo, schiacciandosi moltissimo.
Il piano del City era chiaro, ma nonostante la squadra inglese abbia prodotto 1,3 Expected goals, 20 tiri (dei quali 5 hanno preso la porta) non si è mai avuta la sensazione di pericolosità netta. La squadra di Guardiola continua ad avere problemi offensivi, ai quali però in questa gara ha sommato alcune difficoltà difensive che non si vedevano da qualche partita.
Il Tottenham ha risalito il campo in transizione con semplicità e verticalità, appoggiandosi in particolare al capitano, Harry Kane, decisivo in entrambe le due reti messe a segno.

La struttura in fase di possesso del Tottenham. La squadra di Mourinho non rischia mai, non alza mai entrambi i terzini, mantiene quasi sempre i due mediani davanti la difesa. Qui il City reagisce lentamente alla punizione veloce degli Spurs.

Ndombelé riceve palla e verticalizza subito per Son. Il coreano attacca da destra a sinistra lo spazio che Kane crea muovendosi spalle alla porta e portando con sé Laporte.
Alla prima occasione, all’unico tiro in porta fatto dagli Spurs nel primo tempo, arriva il gol.
Da una situazione diversa, ma con lo stesso protagonista, nasce invece il gol del definitivo 2-0.

Mahrez sbaglia un passaggio in orizzontale, Dier va direttamente in verticale saltando la pressione (molto blanda) degli avversari. Kane si muove fra le linee con fin troppa libertà.

Rodri prova a chiudere, ma a palla scoperta lasciare tutto quello spazio al centravanti inglese è un suicidio. L’inserimento profondo di Lo Celso viene così premiato.
L’errore di Guardiola forse sta nel non provare a dare al suo Manchester City una nuova forma. Dalla panchina entrano Sterling e Foden, ma non Aguero e Gundogan, il palleggio dei Citizens è sempre più insistito, ma non scalfisce l’organizzazione difensiva degli Spurs che, anzi, si esaltano.
Dal big match del Nord di Londra ne esce vincitore, con convinzione, Mourinho, che adesso dovrà affrontare un altro grande fantasma del suo passato, il Chelsea del suo grande ex giocatore Lampard. Guardiola dovrà ripensare alla sua squadra in queste poche ore che precedono la sfida in Grecia contro l’Olympiakos.
Preoccupa di certo la sterilità offensiva, ma anche la possibilità di trovare un piano B ad una squadra che sembra veramente necessitare di averlo.
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