Analisi tattiche, Champions League

Ad Oporto si consuma la vendetta di Tuchel

On Maggio 30, 2021
By Benedetto Greco | 0 Comments

Nella notte di Oporto, la più importante per il calcio europeo, Thomas Tuchel consuma la sua vendetta verso il calcio europeo, vincendo la finale di Champions League con il suo Chelsea, battendo Guardiola, che era finalmente arrivato all’atto finale dopo 3 vittorie su 3, una da giocatore e 2 da allenatore.

Ad inizio match non notiamo nessuna novità per Tuchel, che di fatto conferma l’undici che abbiamo visto nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid, con l’unica eccezione di James al posto di Christensen in difesa, e Azpilicueta quindi spostato fra i 3 centrali. Il tecnico tedesco in attacco si affida ai due connazionali, Werner e Havertz, con Mount a muoversi alle loro spalle. Ziyech e Pulisic all’inizio relegati alla panchina.

Guardiola stupisce tutti invece, lascia fuori dall’undici titolare sia Rodri che Fernandinho, mettendo in campo una formazione molto offensiva, con Gundogan, Bernardo Silva e De Bruyne a centrocampo, Foden falso centravanti, Mahrez e Sterling sulle fasce. Ancora fuori Cancelo, che era già uscito dallo starting XI nelle semifinali.

 

Com’è andato il primo tempo di Manchester City-Chelsea?

La squadra campione d’Inghilterra ha tenuto per la maggior parte del tempo la palla (61% possesso palla) ma senza rendersi mai pericolosa attraverso le zone centrali del campo, trovando le occasioni migliori solo quando è riuscita ad isolare Sterling sulla sinistra per poi riempire l’area con più giocatori possibili. Il Chelsea è chiuso in un 5-2-3 molto compatto ed aggressivo, che si affidava principalmente alle transizioni offensive. Proprio sugli sviluppi di un paio di contropiedi interessanti Werner ha avuto le prime occasioni del match.

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Il 3-4-3 del City in fase di possesso. Walker bloccato, vicino ai centrali difensivi, Gundogan vertice basso, Foden vertice alto, Zinchenko mezzala insieme a Silva, Sterling e Mahrez a garantire ampiezza.

Nei piani di Guardiola più uomini offensivi avrebbero messo in crisi il sistema difensivo di Tuchel. In particolare piazzare un rombo a centrocampo avrebbe dovuto creare automaticamente superiorità numerica contro il double-pivote formato da Jorginho e Kanté. Proprio il francese è stato protagonista di una partita incredibile, sdoppiandosi, addirittura triplicandosi sul campo, e correndo su ogni pallone.

In questa immagine notiamo la posizione di Zinchenko, che si accentra per ricevere da Gundogan e provare a portare fuori posizione Kanté.

L’allenatore del Chelsea non è caduto nella trappola del catalano, ha tenuto la linea difensiva sempre medio-alta, con delle linee compatte e 11 giocatori che hanno difeso in maniera egregia, non permettendo al City di sviluppare giocate interessanti nelle zone centrali del campo.

Al 40′ è così arrivata, dagli sviluppi di una delle poche azioni manovrate del Chelsea, il gol decisivo del match.

I blues hanno attratto la pressione degli avversari con il palleggio da dietro, Mendy ha poi servito con precisione Chilwell sulla sinistra. In questo momento Walker è in inferiorità numerica fra il terzino e Mount. Zinchenko, dall’altro lato del campo, tarda già a prendere posizione su Havertz.

Mount e Chilwell chiudono brillantemente il triangolo, Stones si fa trovare impreparato e decide di non chiudere in maniera aggressiva sul giovane connazionale, lasciandogli spazio e tempo per girarsi, nel frattempo Werner sta portando fuori posizione Dias con un movimento intelligente.

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A palla scoperta il gioco è troppo semplice per Mount, Havertz era partito già con una situazione di vantaggio grossa, Zinchenko si lascia scappare il tedesco, che salta pure Ederson e segna il gol della vittoria, a 5 minuti dalla fine del primo tempo.

In questo tweet possiamo notare una simulazione precisa dei movimenti dei giocatori in campo, sempre in occasione del gol:

I cambi di Guardiola, la resistenza del Chelsea

Nel primo tempo è sembra evidente il problema principale del Manchester: trovare spazio in profondità. Solo in un’occasione, ad inizio gara, con un lancio di Ederson per Sterling la squadra di Guardiola aveva trovato la possibilità di colpire la difesa avversaria alle spalle, e non è un caso che proprio quel colpo di Sterling sia rimasto statisticamente l’unico tiro in porta di tutta la gara dei Citizens.

Al 60′ Guardiola è costretto dall’infortunio di De Bruyne ad inserire in campo una punta, Gabriel Jesus. Nel primo quarto d’ora si era notata un po’ più di intraprendenza palla al piede per Stones, che prendeva molti più metri palla al piede nel mezzo spazio destro, e per Walker, che attaccava con più convinzione la fascia destra, ma di fatto la squadra di Manchester continuava a non trovare gli spazi utili per ritagliarsi un’occasione nitida da rete.

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Con Fernandinho in campo, Gundogan ha potuto spostarsi nella zona più consona a lui, negli ultimi metri, per diventare un invasore, mentre il brasiliano ha dato più razionalità alla manovra del City

Le mosse di Guardiola hanno dato più fluidità alla manovra, hanno permesso alla sua squadra di schiacciare gli avversari con più continuità, ma sono state forse troppo tardive. Più il tempo passava, il più il Chelsea trovava forza nel proprio baricentro, nella propria compattezza, nell’idea che ogni secondo che passava era un secondo che avvicinava i blues alla vittoria finale.

Il 5-4-1 finale, con Havertz esterno destro, Pulisic punta.

A parte il brivido finale, con il tiro di Mahrez che ha sfiorato la traversa, neanche l’ingresso dell’uomo destino, Sergio Aguero, ha fatto compiere il miracolo.

Conclusioni e riflessioni

Guardiola ha pagato le sue scelte iniziali, ma più che l’assenza del centravanti (mossa che l’aveva portato in finale, quella che sta facendo discutere più di tutti in Italia, dove siamo maestri del revisionismo a posteriori) a mio parere il suo vero errore è stato togliere dall’undici iniziale uno fra Rodri e Fernandinho, entrambi importanti per provare a trovare con più concretezza dei laser pass o dei passaggi taglia linee. Con Gundogan in mediana il catalano ha tolto il suo miglior realizzatore stagionale dalla zona clou del match, allo stesso tempo imbottigliando Foden e De Bruyne fra i mediani e i centrali del Chelsea.

Tuchel ha vinto con merito non solo la finale, ma tutta la competizione. Ha battuto il Real Madrid e il City con dei principi di gioco un po’ lontani dai suoi canonici, ma facendo di necessità virtù, puntando sulla velocità delle sue punte, sui recuperi di Kanté, sulla forza difensiva dei propri centrali. Ancora una volta i blues hanno vinto la Champions League con un allenatore subentrato a stagione in corso (il primo fu il clamoroso Di Matteo nel 2012), confermando quanto di buono fatto sul mercato quest’estate.

Dietro la vittoria di Tuchel in realtà c’è il grande lavoro fatto dalla federazione tedesca. Non è un caso che gli ultimi 3 allenatori ad aver vinto la Champions siano teutonici, e che due di loro, in particolare Klopp e appunto Tuchel, si siano fatti da sé, senza una particolare carriera da calciatori, partendo dalla provincia germanica (entrambi hanno allenato il Mainz 05 prima di arrivare al Dortmund) per poi arrivare ai piani più alti del calcio europeo, forti delle loro idee, della loro esperienza, soprattutto basata sui tanti errori commessi prima di arrivare alla vittoria più grande.

 

 

 

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