Inghilterra-Germania 2-0: l’analisi tattica.
Le reti di Sterling e Kane hanno spezzato nell’ultimo quarto d’ora l’equilibrio di un ottavo di finale con poche occasioni e avviato verso il pareggio. Per i padroni di casa è stato decisivo l’ingresso di Grealish, inserito per ravvivare una manovra troppo lenta e prevedibile ed entrato in entrambe le azioni dei gol; i tedeschi hanno chiuso invece l’era Löw con il rimpianto per il pari fallito da Müller in una gara in cui hanno confermato tutte le difficoltà incontrate nel torneo.
Le nazionali di Inghilterra e Germania erano approdate all’ottavo di finale di Euro 2020 dopo aver centrato la qualificazione nei rispettivi gironi in maniera del tutto opposta, pur entrambe con una serie di criticità e di ampie possibilità di miglioramento in vista del proseguimento della competizione, e soprattutto con una grande opportunità davanti a loro stesse. Un successo contro l’acerrimo rivale avrebbe infatti consegnato al vincitore la possibilità di avvicinarsi con fiducia alla finale del torneo, grazie ad eventuali incroci sulla carta più agevoli in virtù della caduta dell’Olanda, ma anche a migliori prospettive generali dopo che, nella porzione superiore del tabellone, nelle partite già disputate Portogallo e Francia avevano nel frattempo salutato la manifestazione. A patto di superare l’ostacolo più duro, l’avvicinamento all’atto conclusivo appariva quindi come un percorso utile per beneficiare dello slancio della vittoria e migliorarsi gara dopo gara, mantenendo alta la soglia di attenzione per evitare bruschi risvegli.
Complice il differente cammino nel girone, la vigilia della sfida di Wembley presentava uno scontro tra due avversari in situazioni e stati d’animo distanti. L’Inghilterra arrivava da una qualificazione pragmatica, ottenuta quasi con il minimo sforzo grazie alle due reti messe a segno da Raheem Sterling contro Croazia e Repubblica Ceca e a una solidità difensiva che le aveva permesso di eguagliare l’Italia nel mantenere la porta inviolata. Alla grande carica emotiva per l’appuntamento numero 300 a Wembley facevano da contraltare le perplessità sulla cifra di gioco rivedibile e la necessità di una serie di correttivi da apportare ad una squadra dotata di una buona identità tattica ma con alcuni problemi, evidenti già nell’esordio con la Croazia, relativi alla scarsa efficacia della mole di lavoro dei terzini, alla conversione offensiva – con Harry Kane piuttosto in ombra – e alla frequente lentezza della manovra. Dal canto suo, la Germania aveva strappato all’ultimo il pass per gli ottavi con il gol del 2-2 firmato da Leon Goretzka contro l’Ungheria, al culmine di un percorso altalenante che l’aveva vista soccombere con la Francia e, nel mezzo, scuotersi nel roboante 4-2 inflitto al Portogallo, con una gara che sembrava aver dichiarato apertamente le ambizioni della banda di Joachim Löw, troppo spesso dipendente dai colpi dei singoli e ancora lontana dall’idea di squadra. Oltre i luoghi comuni sull’intramontabile spirito tedesco e, di contro, sulla puntuale capacità di auto sabotarsi degli inglesi, mai vittoriosi nei 90 minuti in una fase ad eliminazione diretta degli Europei, i benevoli orizzonti innalzavano la posta in palio di una gara a cui si chiedeva ad entrambi i contendenti di mostrare, finalmente, la propria forza.
Le scelte iniziali
Prudenza e ragioni di necessità hanno spinto Gareth Southgate a schierare i suoi in maniera speculare rispetto all’avversario. Le folate devastanti di Robin Gosens e Joshua Kimmich viste contro il Portogallo imponevano una particolare attenzione sugli esterni e in questo senso va interpretata la scelta di passare al 3-4-3/-3-4-2-1 con la linea mediana presidiata da Declan Rice e Kalvin Phillips e le corsie occupate da Luke Shaw e Kieran Trippier, la difesa a tre con Kyle Walker centrale di destra, John Stones in mezzo e Harry Maguire sul centro sinistra, e il reparto offensivo formato da Bukayo Saka – preferito ancora a Phil Foden – Sterling e Kane. Le due novità principali nell’undici di Löw sono state invece rappresentate dall’impiego iniziale di Goretzka e Timo Werner in luogo di İlkay Gündoğan e Serge Gnabry, sempre titolari nelle partite precedenti, per il solito 3-4-2-1 con Ginter, Hummels e Rudiger dietro, Toni Kroos e lo stesso Goretzka centrali di centrocampo con Gosens e Kimmich ai lati, Thomas Müller e Kai Havertz a sostegno di Werner.
Vista la delicatezza dell’impegno e i problemi delle due squadre, la gara è apparsa subito piuttosto bloccata, con gli inglesi in difficoltà nell’eludere la pressione degli avversari e nel servire in maniera adeguata il proprio centravanti e i tedeschi più presenti nella gestione del pallone con l’intento di cercare varchi in profondità. La prima occasione, tuttavia, è arrivata per i padroni di casa al quarto d’ora grazie all’iniziativa di Sterling, bravo ad accentrarsi da sinistra e scagliare un potente tiro da fuori deviato da Manuel Neuer in angolo.

Sterling accorcia le distanze del triangolo con Saka e Kane, accentrandosi prima di calciare in porta, mentre in fase difensiva la linea a tre della Germania viene assistita da Kimmich e Gosens, pronti a stringere dall’esterno. Davanti a sé, Sterling ha tre compagni di squadra e otto avversari.
La fiammata non ha scosso l’andamento di una partita senza troppi sussulti fino all’imbucata centrale di Havertz – il più ispirato dei suoi – libero di agire sulla trequarti e abile a innescare Werner con una palla in verticale tra Walker e Stones; la cattiva esecuzione dell’attaccante contro Jordan Pickford, uscito a coprire lo specchio, ha vanificato l’opportunità del vantaggio per una Germania meglio disposta in campo, con Kroos spesso abbassato tra i centrali di difesa per iniziare l’impostazione, Havertz e Müller molto mobili nel reciproco scambio di posizioni e pronti anche in fase di possesso a scalare da mezzali per assecondare l’avanzata dei due esterni di centrocampo quasi sulla stessa linea di Werner, a fungere da punte aggiunte.
La prima frazione si è chiusa con una grande occasione per Kane, liberato davanti a Neuer dopo un’azione del solito Sterling ma impreciso nel tocco e chiuso da un ottimo intervento in scivolata di Hummels, determinante per evitare anche l’intervento a porta vuota dell’accorrente Saka.
Secondo tempo
Un violento tiro di sinistro dal limite dell’area da parte di Havertz, sventato dal volo reattivo di Pickford, è sembrato il preludio a una ripresa più spettacolare dove all’intensità messa in campo potesse accompagnarsi una maggiore quantità di occasioni create, ma la sfida di nervi, basata su poche idee su come arrivare nell’area avversaria, è proseguita sul copione già visto nei primi quarantacinque minuti senza soluzione di continuità. Alla buona esecuzione del pressing la Germania ha continuato ad affiancare una manovra lenta e improduttiva, mentre gli inglesi, sempre alle prese con la scarsa qualità dei rifornimenti a Kane e con la generale sterilità del reparto offensivo, hanno provato ad insistere con l’unico sfogo possibile della propria impostazione: quello sugli esterni, che cercavano di mettere in difficoltà gli avversari con l’occupazione dei mezzi spazi per un attacco diretto ai centrocampisti coadiuvati dai due attaccanti esterni. La paziente ricerca dei giusti sbocchi offensivi da parte dell’Inghilterra, ermetica dietro e minimale in fase di conversione, si stava però scontrando con tutti i limiti derivanti dall’assenza di giocatori creativi fra gli undici in campo; a differenza di Kane e Saka, pur senza incantare, Sterling aveva almeno mostrato di potersi creare la giocata, anche se le iniziative erano state frustrate da una cattiva associazione con i compagni in uno sviluppo poco efficace e spesso tortuoso. Con Mason Mount, Phil Foden, Jadon Sancho e Jack Grealish in panchina a vantaggio di due profili più rapidi e diretti, le difficoltà a organizzare il piano gara congegnato passavano innanzitutto da un evidente problema qualitativo. Quando a poco più di venti minuti dal termine Grealish è entrato in sostituzione di Saka, il suo apporto alla circolazione di palla ha migliorato le connessioni e sgravato da ulteriori responsabilità il resto del reparto, cresciuto nell’ultima, decisiva fase di gara.
Come già accaduto contro Croazia e Repubblica Ceca, lo spostamento da sinistra ha permesso a Sterling di esercitare una maggiore pericolosità. La rete è arrivata da una sua azione improvvisa avviata sul centro destra della trequarti superando di slancio Kroos, Müller e Rüdiger, proseguita con lo scambio con Kane e finalizzata con una penetrazione centrale per raccogliere l’assist di Shaw, a sua volta liberato sull’esterno sinistro da Grealish dopo una piccola pausa di quest’ultimo per alterare il tempo di reazione della retroguardia tedesca. L’Inghilterra ha trovato il vantaggio con un assalto corale, in cui tutti i giocatori coinvolti hanno saputo trovare senso e spazio nel giusto tempo di esecuzione di movimenti semplici e al tempo stesso efficaci, sbloccando una partita avviata verso i supplementari.
Dopo il possibile pareggio della Germania propiziato da un errato retropassaggio dello stesso Sterling, il raddoppio è arrivato ancora da sinistra. Shaw ha rubato palla al subentrato Gnabry e ha condotto fino ad attirare la pressione di Hummels; a quel punto ha allargato verso Grealish, libero di servire con precisione al centro dell’area Kane per il colpo di testa vincente che è valso il 2-0 finale, un risultato raggiunto ancora una volta con un minimo sforzo offensivo convertito al meglio, supportato dalla principale caratteristica di questa Inghilterra plasmata da Southgate: la grande compattezza difensiva.
Le ambizioni dell’Inghilterra, la fine del ciclo di Löw
È lecito a questo punto chiedersi se l’Inghilterra abbia le carte in regola per puntare alla vittoria finale, considerate le nazionali rimaste in gioco e tenendo conto della parte di tabellone occupata. La squadra pragmatica che ha ricavato tre vittorie su quattro partite da soli quattro gol segnati, e che pure non ne ha ancora subito uno, sembra voler puntare, a prescindere dal modulo, su un assetto più diretto rinunciando, almeno in partenza, alla qualità di molti dei suoi interpreti. Eppure, l’andamento della sfida contro i tedeschi ha mostrato che la definitiva integrazione degli elementi di maggior tasso tecnico con i meccanismi di gioco rappresenta il passaggio conclusivo che potrebbe consegnare a Southgate la possibilità di arrivare in fondo al torneo sfruttando a fondo le caratteristiche di una rosa profonda e con differenti risorse a disposizione, senza snaturare i principi di gioco e a condizione di raggiungere il giusto compromesso tra l’esigenza di una costruzione di livello e il mantenimento della valida organizzazione difensiva, oltre che tra i compiti in pressione e il contenimento dei rischi in fase di transizione negativa, per evitare situazioni dove la linea arretrata molto alta possa concedere – come successo contro la Germania – ampi spazi alle contromisure avversarie. A meno che i piani del tecnico inglese non prevedano proprio quanto visto finora, e la scelta di un calcio che annulli il più possibile l’azzardo sia l’abito più consono per questa squadra, pronta a cambiare pelle nell’ultima fase di gara se le cose non vanno per il meglio.

Il possesso inglese contro la Germania, lento e prevedibile per gran parte della partita (da @BetweenThePosts).
La Germania chiude invece l’era di Joachim Löw dopo quindici anni di crescita, innovazione e soddisfazioni, grazie alle vittorie del Mondiale 2014 e della Confederations Cup 2017, con un Europeo sottotono in cui non è riuscita a ribaltare l’impressione di una squadra arrivata ben oltre la chiusura del suo ciclo senza un adeguato utilizzo delle nuove leve approdate in nazionale. Nonostante il talento a centrocampo e in attacco, e una costruzione di qualità mostrata spesso nel torneo, le lacune difensive e la scarsa conversione delle occasioni da gol hanno condannato una squadra troppo incompleta e vulnerabile per poter proseguire nella competizione.
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