Il calcio di Jurgen Klopp: nascita ed evoluzione nel corso degli anni
Vulcanico, diretto, aggressivo, passionario: un allenatore come Jurgen Klopp può piacere o meno, con i suoi modi di fare sempre molto esuberanti e diretti, ma una cosa è certa, il tecnico tedesco ha cambiato il modo di interpretare il calcio introducendo idee oggi comuni a molte squadre: possiamo arrivare dunque a definirlo come uno dei “pionieri” del football moderno.
In questo articolo andremo a ripercorrere le tappe della sua carriera sino ai giorni nostri, ponendo l’attenzione sui costanti cambiamenti intervenuti sul suo pensiero calcistico nonché i riflessi sulla disposizione in campo delle sue squadre.
GLI INIZI – IL MAINZ
La carriera di Klopp parte, in realtà, in maniera un po’ rocambolesca: nella stagione 2000-2001 Jurgen fa parte sì della rosa del Maiz, ma quale calciatore (in particolare, un difensore).
Il 28 febbraio 2001 viene nominato allenatore della stessa squadra: rimarrà in carica sino alla fine della stagione 2007-2008, collezionando diverse salvezze oltre a una qualificazione ai preliminari di Coppa Uefa. Nella penultima stagione arriva anche una retrocessione, alla quale segue un’annata opaca in serie B tedesca.
Rapidamente, analizziamo un paio di immagini del primo Mainz del vulcanico allenatore tedesco:

Un’immagine del Mainz 04-05, impegnato contro la corazzata Bayern Monaco: si vede bene il 4-4-2, con linee molto vicine e difesa alta.
Come si evince dell’immagine, Klopp propose sin dai primi anni qualche “sprazzo” del suo calcio divenuto famoso qualche anno più tardi, come una linea di difesa a 4 molto alta, cercando di accorciare gli spazi da coprire per i centrocampisti. In questa partita (Bayern Monaco – Mainz 4-2, 15esima giornata di Bundesliga 04-05), i bavaresi furono costretti ad alzare spesso la palla, messi all’angolo dal pressing costante dai centrocampisti e dalle punte scelte da Klopp. Gli attaccanti dei padroni di casa caddero spesso nella “trappola del fuorigioco“, anche se, in realtà, i gol arrivarono proprio quando quest’ultima veniva elusa da un inserimento da dietro. Per questa partita fu scelto un 4-4-2, ma sul modulo non ci soffermiamo molto (concentriamoci sui concetti).

Un frame che mostra l’attacco dell’area degli uomini di Klopp.
In fase offensiva, sono parecchi gli uomini che si alzano, cercando di sfruttare le rapide verticalizzazioni dei difensori / centrocampisti: in questo caso si era venuto a formare un potenziale 4 vs 4 grazie ad un unico passaggio che permise di saltare metà dei difensori in maglia rossa.
A fine stagione 04-05, non a caso, il Maiz chiuse con 50 gol fatti in 34 partite: teniamo a mente che l’obiettivo era la salvezza (ampiamente raggiunto).
Ricapitolando: difesa alta, pressing costante e verticalizzazioni rapide. Questi 3 concetti hanno guidato, e tutt’ora lo fanno, i giocatori allenati da Klopp.
IL BORUSSIA DORTMUND
Il 1° luglio 2008 Klopp diventa allenatore del Borussia Dortmund: i primi anni saranno positivi, ma senza particolari squilli.
Il BvB veniva da una stagione travagliata, la rosa era composta da una serie di giocatori che non faranno parte della futura corazzata giallo-nera: gli unici già presenti nel 2008 erano Weidenfeller, Hummels e Schmelzer.
Per queste ragioni, proviamo per un attimo a saltare direttamente alle immagini della stagione 2010-11 e 2011-12: Klopp si consacra vincendo due volte consecutive il campionato tedesco.

La formazione del mitico Dortmund di Klopp.

La difesa a 4, ben riconoscibile e raccolta nella zona centrale del campo.
La base su cui costruire le proprie vittore è la difesa a 4: ai difensori centrali viene affidato l’ingrato compito di mantenere un certo equilibro in campo, visto che spesso lo schermo del centrocampo viene a mancare. I centrocampisti infatti hanno tutti il compito di accorciare in avanti, cercando di forzare l’errore avversario (cerchio giallo). Fondamentale (nota bene per il futuro) era il ruolo dei terzini Schmelzer e Piszczek, due icone di quel BvB: avevano compiti offensivi piuttosto marcati, ma quando la squadra era chiamata a difendere dovevano riprendere la posizione e ricreare la difesa a 4. Questo modo di schierare i terzini, ad entrambi i lati del campo, è uno dei marchi di fabbrica di Klopp.

Il pressing costante e aggressivo delle punte.

Un altro esempio di pressing alto e costante, contro il Man City.
All’epoca Klopp schierava solitamente 3 giocatori offensivi dietro l’unica punta: a questi giocatori era richiesto di pressare senza sosta i portatori di palla avversari, costringendoli ad arretrare e mettendo il crisi l’inizio azione avversario. Il loro sacrificio fu una delle chiavi dei successi giallo-neri. Dietro di loro, i centrocampisti e terzini si spingevano in avanti per mantenere la squadra corta e rafforzare l’efficacia dell’azione di pressing.

La costante ricerca del passaggio in verticale per guadagnare terreno.
Passiamo ora alla fase offensiva. Ecco una situazione nel quale possiamo racchiudere un concetto fondamentale di quel Dormund: il BvB era in grado di risalire il campo rapidamente, con pochi passaggi rapidi e in verticale.
In questo caso il protagonista è il terzino destro: partendo da lontano (stella blu), sfruttando i compagni come appoggio, il punto di arrivo (stella gialla) venne raggiunto con soli due passaggi precisi e rasoterra: la qualità e la gamba dei giocatori in campo era sicuramente adatta a questo tipo di azione, ma la mano di Klopp è in questo caso evidente. La ricerca quasi ossessiva del passaggio in verticale in avanti, infatti, è uno dei marchi di fabbrica dell’allenatore tedesco. Paradossalmente, in alcune situazioni, era proprio questa mentalità molto aggressiva a generare pericolosi squilibri in campo.

L’occupazione dello spazio da lato a lato del Dortmund.
Per facilitare il passaggio in verticale diviene fondamentale occupare il campo in ampiezza: i trequartisti rimangono quindi spesso vicini e centrali per facilitare la risalita del campo da parte dei terzini. Risultato: campo occupato da parte a parte e innumerevoli corridoi aperti per il passaggio del pallone.

Il gegenpressing.
Cosa succede se, portando molti giocatori in zona offensiva, ad accompagnare l’azione, si perde palla? Semplice, si corre subito a riprenderla. Sembra un concetto semplice, in realtà abbiamo riassunto cosa rappresenta il “gegenpressing“, il “logo” del calcio di Klopp.
Come si vede dall’immagine, appena si perde palla, TUTTI i giocatori in zona devono attaccare il portatore di palla, senza fermarsi, senza paura di essere scavalcati: in questo caso, gli attaccanti e i centrocampisti non erano riusciti in prima battuta a riprendere il possesso del pallone, ma avevano comunque sporcato l’uscita dell’avversario. In tutto ciò, anche il terzino aveva accorciato preventivamente in avanti, raggiungendo la zona-palla, aumentando la densità di giocatori e contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo.
Questa mentalità crea grandi difficoltà alle squadre avversarie, le quali si ritrovano a fronteggiare senza sosta i giocatori in maglia gialla, determinati più che mai a riprendersi la palla appena persa: con questi ritmi infernali, o si esce con grande qualità di palleggio, o si rischia di essere travolti dalla furia degli attaccanti.
Il punto debole in queste situazioni può essere la mancanza di un’adeguata preparazione atletica: durante le fasi finali della gara, diviene ovviamente più complicato mantenere una certa intensità di gioco.
Inoltre, contro avversari molto preparati, il pressing può essere eluso da efficaci (e rapidi) tocchi di qualità: vedremo in seguito come Klopp ha modificato e adattato il suo credo per ovviare a questi inconvenienti.

Il contropiede giallo-nero: un’arma letale per tutti.
Per concludere, un riferimento alla velocità dei contropiedi del Dortmund: quando si è abituati a giocare a certe velocità, diviene più facile sfruttare i palloni recuperati con il contro-pressing e trasformarli in pericolose transizioni offensive. Nell’immagine si nota bene come, da una palla recuperata all’altezza del centrocampo, i giocatori in maglia gialla si riversano rapidamente, e senza esitazione, nella metà campo avversaria: in una manciata di secondi arrivano al tiro in porta, lasciando inermi i difensori.
Di gol di questo tipo, il Borussia di Klopp ne fece davvero tanti, influenzando di fatto anche l’atteggiamento delle squadre avversarie, terrorizzate dal perdere palla in zona centrale del campo.
LA CONSACRAZIONE DI KLOPP AL LIVERPOOL
L’allenatore tedesco rimarrà in carica al Dortmund sino al termine della stagione 2014-2015. La nuova sfida raccolta da Klopp, ancora tutt’oggi in corsa, fu quella esportare il proprio calcio in Inghilterra, in particolare a Liverpool, sponda Reds: una piazza storica, vogliosa di tornare a vincere dopo la sfortunata parentesi con Rogers.
Le prima stagione è abbastanza sfortunata: nel ’15-’16 i Reds chiudono all’ottavo posto, perdendo le finali di FA Cup e Europa League.

La classica impostazione del Liverpool con la difesa a 4 e il mediano.
Durante la prima stagione iniziano ad intravedersi alcuni “tratti” della corazzata che oggi conosciamo tutti molto bene: in primis, i Reds sono fra i pochi rimasti a non impostare a 3, bensì affidano il loro inizio azione ai difensori centrali e ad un mediano. I terzini, all’epoca Clyne e Moreno, non avevano le stesse qualità che troviamo oggi in Robertson e Alexander-Arnold, ma si comportavano in maniera simile, ovvero aiutando in fase di possesso e cercando quando possibile di alzarsi, compatibilmente alla posizione delle mezzeali (spesso molto alte e vicino alle punte).
Rispetto ai tempi del Dortmund, il Liverpool prima versione Klopp aveva una disposizione tipica in campo leggermente più “equilibrata” e stabile.

Nonostante quanto qui sopra descritto, in fase offensiva si alzano 7 giocatori (come al Dortmund?).
I risultati nelle stagioni successive sono già migliori: nel 16-17 il Liverpool rientra nelle prime quattro di Premier League, mentre nel 17-18 raggiunge la finale di Champions League, persa tragicamente per 3 a 1 contro il Real Madrid.
Nonostante la grande delusione, la stagione 17-18 è quella della svolta per i Reds: arrivano infatti Salah, Robertson, Alexander-Arnold e Van Dijk. Sta nascendo la squadra che oggi conosciamo.

L’attacco del Liverpool con il tridente.
In questa fase nasce il famoso tridente Manè – Salah – Firmino: i 3 giocatori vengono supportati a turno dalle mezzali e dai terzini. Come si evince dall’immagine però, sono meno i giocatori che si riversano nella metà campo avversaria, così come sono frequenti le fasi in cui il Liverpool manovra per lungo tempo vicino alla metà campo avversaria. Con a disposizione diversi giocatori letali in campo aperto, i Reds prediligono rapide verticalizzazioni, soprattutto non appena l’avversario perde il possesso del pallone.

In rosso le opzioni “semplici” per Van Djik, in giallo la sua scelta.
Come si vede in questa immagine, relativa agli ottavi di finale di Champions League della stagione 18-19, si nota bene come Van Djik scelga volutamente (e non perchè costretto) di lanciare Manè alle spalle della difesa, nonostante sia lontano 40 metri. Questo a dimostrazione di come non necessariamente giocare palla a terra sia l’unico modo per costruire successi e vincere trofei: Klopp ha riadattato in parte le proprie indicazioni ai giocatori in base alle loro caratteristiche. Detto così sembra molto semplice, ovviamente il lavoro alle spalle sarà stato ben più lungo e articolato, come dimostrano i risultati non proprio esaltanti delle prime stagioni.

Il ruolo di Firmino e l’attacco della profondità delle ali.
Molto interessante è notare il ruolo di Firmino (cerchiato in rosso): non è raro trovarlo alle spalle delle due ali, pronto a dare man forte ai centrocampisti, ma soprattutto lontano dalla linea difensiva avversaria. Così facendo, attira il diretto marcatore fuori posizione e favorisce i tagli delle ali. In tutto ciò, il Liverpool riesce ad andare in porta senza portare molti uomini nella metà campo avversaria, evitando dunque si sbilanciarsi troppo: questa è una delle più grandi differenze con il Dortmund versione Klopp, una delle dirette conseguenze delle caratteristiche dei giocatori a disposizione dell’allenatore.

Il Liverpool campione d’Europa e d’Inghilterra.

Il contro-pressing, arma fondamentale del Liverpool.
Non dimentichiamo ovviamente la fase di non possesso: anche se i Reds esasperano meno il pressing a tutto campo, un concetto che non manca (e che non mancherà mai nelle squadre di Klopp), è il contro-pressing una volta persa palla. Nell’immagine, ad esempio, Fabinho (che sarebbe il mediano davanti alla difesa), non appena si accorge che i compagni hanno perso palla, accorcia in avanti con cattiveria per anticipare l’avversario (riuscendoci). Questo possiamo definirlo come uno dei pilastri dell’allenatore tedesco.
Per concludere la nostra analisi, non possiamo non volgere lo sguardo al lavoro dei terzini, asso nella manica del Liverpool dei giorni nostri.

A. Arnold rimane lontano dall’area, ma non appena il pallone viene respinto si fionda sul portatore di palla.
I terzini rimangono generalmente fuori dall’area, pronti a dare supporto ma soprattutto a fiondarsi sul portatore di palla avversario: possiamo riassumere questa piccola differenza rispetto ai terzini del Dortmund, i quali si spingevano più spesso sino dentro l’area di rigore, come un modo per liberare gli spazi per i tagli dall’esterno verso l’interno delle ali (molto rapide in campo aperto), oltre che evitare di trovarsi in posizione congeniale per il cross senza però avere giocatori abili nel gioco aereo.

Cross basso del terzino destro per il giocatore a rimorchio.
Inoltre, Alexander-Arnold è un giocatore molto abile anche come assist-man: con il suo piede destro è in grado di disegnare traiettorie veloci e precise per gli inserimenti dei compagni, per questo spesso sceglie di non andare sul fondo, ma opta per la verticalizzazione in avanti (soluzione molto meno usata dai terzini del Dortmund).

Alexander-Arnold non prende lo spazio sul lato (cerchio azzurro), ma preferisce verticalizzare subito per la punta.
Anche Robertson ha un ruolo molto importante, anche se si comporta in maniera più simile ad un terzino offensivo più “classico“:

Robertson taglia alle spalle dei compagni e dei difensori, su uno dei rari cross alti e morbidi dei Reds.
Aldilà di quelli che sono i risultati nudi e credi, quello che impressione del Liverpool di Klopp è il ritmo forsennato che impone alle proprie partite, esasperato se vogliamo dalla costante ricerca della profondità dei propri attaccanti.
In generale, l’opinione dell’autore è quella che i Reds degli ultimi anni siano riusciti, in un modo o in un altro, a cambiare leggermente il modo di vedere il calcio oggi: in questo momento sono poche le squadre che non giocano ricercando costantemente il passaggio in verticale e il recupero palla alto. Concetti che ovviamente non sono stati inventati dal tecnico tedesco, ma che il Liverpool ha portato alla ribalta negli ultimi anni, a suon di gol e vittorie.
Sul modo poi di disporsi in campo, questo è cambiato dai tempi del Mainz, passando per Dortmund e infine Liverpool, in base soprattutto alle caratteristiche dei giocatori presenti in rosa: quello che non è mai cambiato è invece il credo di Klopp.
Le sue squadre sembrano quasi riflettere il carattere vulcanico del proprio manager. Forse è anche questa sintonia allenatore-giocatori, a rendere speciali le sue squadre.
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