Il 3-2-5 dell’Italia: radici storiche e analisi grafica
Da quando Roberto Mancini è il CT del Italia, gli azzurri hanno vinto il 62,50% delle partite disputate: il “Mancio” è riuscito a dare un volto nuovo alla nostra nazionale, non tanto in termini di giocatori nuovi inseriti nel giro delle convocazioni, ma soprattutto in termini di mentalità, ora più che mai propositiva e “moderna”.
Nel calcio di oggi le squadre che vogliono ottenere risultati positivi non possono prescindere da una fase di possesso molto ricercata sin dai primi metri della propria metà campo, unita ad una capacità di recupero palla efficace sin dalla trequarti avversaria.
Per cambiare filosofia di gioco, in fase di possesso, la nostra nazionale utilizza una disposizione in campo particolare ma in realtà simile, come vedremo qui di seguito, ai sistemi “antenati” di quelli attuali: il 3-2-5.
In molti non avranno mai sentito nominare un modulo così strano, ma in realtà le geometrie create dallo stesso richiamano quelle dei primi schemi nati a cavallo tra l’800 e il 900.
Il primo vero modulo della storia del calcio nacque presso l’università di Cambridge verso la fine del XIX° secolo: secondo la leggenda (tratto la il libro “Soccer” di Arpad Csanadi) la squadra locale scelse di presentarsi al match attesissimo con gli acerrimi rivali dell’Oxford con il 2-3-5, la cosiddetta piramide di Cambridge, o piramide rovesciata:

Il 2-3-5. Se seguite le linee blu, si può vedere in realtà come il 4-3-3 “moderno” con terzini offensivi sia in realtà molto simile alla piramide rovesciata, sarà un caso?
A rendere celebre la piramide rovesciata fu poi Jack Hunter: alla fine dell’800 infatti il calcio si stava evolvendo, i concetti di squadra e strategia acquisivano sempre più importanza e Hunter, reduce da un’esperienza nel nord della Gran Bretagna come terzino, fu il primo a adottare questa disposizione da allenatore del Blackburn Olympic, arrivando a vincere la FA Cup nel 1883 (prima squadra “popolare” e non di Londra a riuscirci).
In seguito, i cugini del Blackburn Rovers, gli “invincibili” del Preston North End, il Genoa in Italia e persino le nazionali di Uruguay e Argentina adottarono con ottimi risultati il 2-3-5.
La rivoluzione tattica nacque dunque dall’esigenza di giocare un calcio più corale, più di squadra, supportato dall’introduzione della figura del mediano (o regista) davanti alla difesa, fulcro delle azioni offensive.
Il primo modulo della storia rimase la tattica più diffusa in tutto il mondo calcistico sino alla modifica della regola del fuorigioco (da 3 a 2 giocatori fra giocatore in possesso di palla e porta avversaria per far scattare la trappola), con conseguente trasformazione della piramide in 2 nuovi moduli, altrettanto famosi e fondamentali nell’evoluzione del gioco: il “Metodo” e il “Sistema”.
Il “Sistema” nacque in Inghilterra dal genio dell’allora allenatore dei Gunners Herbert Chapman che, di fronte al consistente aumento del numero di gol a seguito dell’introduzione della nuova regola, ritoccò la piramide trasformandola nel 3-2-2-3, comunemente chiamato “Sistema” o “WM”: ora i centrali di difesa sono 3, con di fronte due mediani a dar man forte:

Il “WM”: questa disposizione assomiglia molto al 3-2-5 dell’Italia.
All’epoca il calcio era dominato dal “kick and run”, letteralmente l’abitudine dei difensori di calciare lungo il pallone senza troppi patemi per scavalcare gli attaccanti avversari ma, dagli anni ’30 in poi, prese piede il “carpet football”, basato più sul possesso palla tramite il dominio del centrocampo, ormai fondamentale per vincere la partita.
Guarda caso, anche l’Italia ha scelto, per portare in campo una mentalità più moderna, una disposizione molto simile.
In Italia invece si diffuse il “Metodo”, frutto del lavoro dei CT della Nazionale Italiana nel periodo fra le 2 guerre, Carlo Carcano e Vittorio Pozzo: i due sostenevano che il 2-3-2-3, ovvero il modulo “WW” fosse più consono alle caratteristiche dei giocatori italiani, meno fisici e tecnici dei britannici i quali venivano esaltati dal bel gioco generato dal “Sistema”:

Il “WW”: questo sistema era molto più difensivo.
Noi italiani basammo il nostro gioco su una difesa più robusta e rapidi contropiedi, caratterizzati da passaggi diretti dalla difesa ai giocatori più offensivi.
Da notare che, a portare l’innovazione tattica in Italia, fu inizialmente un CT con la Nazionale maggiore: in seguito il “Metodo” fu adottato con grandissimi risultati negli anni ’30 dal Bologna, dalla Juventus e persino dal famoso Grande Torino che dominò gli anni ’40 sino alla tragedia di Superga.
Come allora, anche oggi la novità del 3-2-5 è stata lanciata dalla nazionale: la Juventus ha già adottato con Pirlo un sistema molto simile (se non uguale in certe situazioni).
“Sistema” vs “Metodo”: questa disputa fra il bel calcio di origine britannica e il calcio più pratico italiano continuò per diversi decenni, persino le grandi squadre che in seguito hanno cambiato la storia come il grande Brasile o il grande Milan si ispirarono alle idee nate a cavallo delle due guerre mondiali.
In realtà ad oggi la situazione non è cambiata: gli schemi che dominano il mondo del calcio sono di fatto delle evoluzioni di quanto nato negli anni ’30, pur con tutte le sfumature generate da un calcio molto diverso rispetto a quello giocato in origine.
Prima di analizzare il 3-2-5, va fatta una doverosa premessa: l’idea nasce in seno alla FIGC, come modulo da applicare a tutte le selezioni, ovviamente in supporto a una filosofia di calcio basata sul controllo del gioco e la riconquista del pallone.
Mancini si è immolato in questo lavoro con ottimi risultati, grazie anche a una composizione della sua Nazionale particolarmente tagliata per questo stile di gioco: Chiesa ha la gamba e la tecnica per coprire la fascia destra a tutto campo, Verratti e Jorginho (ma anche Tonali) sono i registi perfetti davanti ai tre di difesa, con Bonucci al centro che garantisce qualità nei passaggi ad inizio azione.
I 5 giocatori offensivi sono funzionali alla ricerca della verticalizzazione e della profondità, disposizione necessaria per evitare di rendere sterile il possesso palla ricercato sin dalla propria area di rigore.
Di seguito una serie di analisi grafiche sulla disposizione in campo degli azzurri:

Costruzione dal basso – In blu si evidenzia il 3-2 tipico del WM – in bianco tutte le linee di passaggio possibili per Bonucci in possesso di palla. In basso a destra il movimento che farà Barella per andare a formare l’attacco a 5.
In questo fermo immagine balza all’occhio il 3-2, disposizione molto ricercata durante la costruzione dal basso: in questo momento Bonucci assume il suo ruolo naturale di centrale nella difesa a 3, con ai lati Florenzi che si accentra per diventare il terzo di destra e Acerbi che si allarga a sinistra, mentre Tonali e Jorginho sono i 2 registi. Nonostante la Bosnia porti 6 giocatori nella metà campo avversaria, gli esterni (visibili all’estremo destro dell’immagine) sono costretti ad abbassarsi per non lasciare la difesa in inferiorità numerica: Bonucci ha quindi 3 comode linee di passaggio da sfruttare. Barella in questa fase è ancora nella sua posizione iniziale di mezzala destra, ma andrà poi a posizionarsi vicino alla punta non appena la palla si muoverà in avanti.

Fase offensiva – in blu è evidenziato il 2-5 – la stellina blu indica la zona più scoperta del campo, dove si forma un potenziale 2 vs 2.
In questa immagine si vede perfettamente la disposizione dei cinque giocatori offensivi, con la particolarità che a destra si allarga ulteriormente Bernardeschi e Barella si alza vicino a Belotti, mentre a sinistra si stringe Insigne lasciando la corsia libera per Emerson Palmieri. Tonali e Jorginho mantengono la loro posizione di registi, permettendo un giro palla rapido: a sinistra Insigne ed Emerson sono 2 vs 2, nonostante la Bosnia si difenda con 9 giocatori nella propria metà campo (4-3-2-1).
Nell’immagine seguente invece, i 5 giocatori offensivi non sono sulla stessa linea poiché la punta attacca la profondità, creando spazio alle sue spalle, gli esterni rimangono molto larghi mentre il centrocampista deputato ad alzarsi vicino alla punta si “nasconde” dietro al mediano avversario, sfruttando il movimento della punta e offrendo un buon passaggio al portatore di palla; il mediano rimane basso lasciando lo spazio per il retropassaggio sicuro al compagno.
In questo momento tutto il fronte di attacco è presidiato e la Finlandia, nonostante difenda con 10 uomini (4-5-1) non riesce a chiudere tutti gli spazi.

Fase offensiva 2 – in blu il 2-5 – in giallo lo spazio creato dai movimenti dei giocatori protagonisti dell’azione.

Fase di non possesso – in blu è evidenziato il 4-3-3 assunto in difesa – in rosso la zona palla dove gli attaccanti si impegnano in pressing – in giallo gli attaccanti della Bosnia alle spalle del centrocampo.
In fase di non possesso l’Italia riforma la difesa a 4, anche se Emerson in questa fase sta ancora tornando indietro (è girato verso la sua porta): avere un terzino “a tutta fascia” significa correre il rischio di trovarlo fuori posizione in alcune situazioni, soprattutto quando la stanchezza inizia a farsi sentire. In questo momento Belotti e Insigne stanno pressando il portatore di palla: è un momento delicato, perché se la Bosnia verticalizzasse rapidamente verso la zona segnata in giallo, potrebbe attaccare la difesa 3 vs 3! Questo è uno dei “difetti” del WM (si ripresenta anche per l’Italia con il suo 3-2-5), ovvero la necessità di avere una condizione atletica ottimale per evitare di farsi trovare fuori posizione una volta persa palla ma anche e soprattutto, come in questo caso, di alzarsi in pressing con 5/6 uomini senza la giusta efficacia ed esporsi eccessivamente agli attacchi avversari.
Nella prossima immagine, uno dei rischi dell’attaccare con tanti uomini e del difendere “in avanti” (ovvero cercando di recuperare subito palla):

Contropiede avversario – ci sono NOVE giocatori avanzati e solo uno fra avversario in possesso e la porta.
0 comments on Il 3-2-5 dell’Italia: radici storiche e analisi grafica