A cosa servono i numeri quando si parla di moduli di gioco?
Approfitto di una lunga e accesa discussione nata ieri su Twitter per parlare di un argomento che è ancora poco chiaro e che andrebbe approfondito, in particolare dai comunicatori che si occupano di calcio spaziando fra tutti i vari ambiti.
Per farlo rispondo ad una semplice domanda. Cosa sono i numeri che leggiamo ad inizio partita, di cui parliamo, per i quali addirittura arriviamo a litigare sempre di più? Che vuol dire 4-3-3? 4-4-2 o 3-5-2?
È una domanda che è così semplice e basilare che a primo acchito, a chi la legge, potrebbe persino sembrare verità lapalissiana. Se affermiamo che una squadra sta giocando con un 4-3-3, ci riferiamo al fatto che scenda in campo con 4 difensori, 3 centrocampisti e 3 attaccanti; che due di questi attaccanti facciano le “ali”, che due di questi difensori facciano i “terzini” ecc. ecc.
Ma lo sviluppo e l’analisi del calcio moderno ci mette di fronte, ogni giorno, di fronte ad una realtà che è sempre più chiara. I ruoli nel calcio vanno sempre più a sfumarsi, i moduli sono sempre più relativi.

La formazione della nazionale italiana nella sfida di ieri contro la Polonia, inserita così dalla Rai in grafica.
I numeri di cui parliamo sopra sono stati inseriti per semplice comodità, fin dagli albori di questo sport, per poter parlare con più efficacia e velocità ai giocatori stessi, di conseguenza per poterne parlare con l’opinione pubblica in maniera più spiccia. È molto più semplice dire che l’Italia sta giocando 4-3-3, in effetti nel “campetto” che vediamo sopra ogni giocatore è messo al suo posto, e gioca in quello che è considerato il suo ruolo naturale. Ma negli ultimi anni si riscontrano sempre di più situazioni che ci mettono di fronte alla realtà: nel calcio moderno non esistono più i ruoli, ma le funzioni… come affermato più e più volte dallo storico collaboratore della FIGC, match analyst della nazionale azzurra, adesso match analyst della Juventus, Antonio Gagliardi.
Un concetto che può sembrare complicato, ma che alla fine non lo è. Sarebbe stupido pensare che, con tutti gli strumenti a disposizione degli allenatori ad alti livelli, con la complessità che il gioco ha raggiunto, ancora si chieda ad un terzino di “giocare sulla fascia, difendere il suo lato, e quando può, farsi vedere in attacco“.

Tweet originale di CalcioDatato
Appena sopra una grafica che ci chiede di approfondire, ma che restituisce decisamente molto di più rispetto alla semplicissima grafica prodotta ad inizio gara. Potremmo chiamare questo modulo un 4-3-3 asimmetrico, qualcuno negli scorsi anni lo ha chiamato modulo fluido, considerando che si trasforma in un 4-4-2 in fase di non possesso, qualcun altro ha persino coniato la brutta ma efficace espressione difesa a 3 e mezzo, qualcun altro (come il sottoscritto) lo definisce un 3-2-4-1, insomma, il punto non è quello. Le domande da porsi sono altre.
Quali sono i compiti e le funzioni che si richiedono ai calciatori coinvolti in campo?
Florenzi veste ormai questo ruolo da terzino bloccato da diverse stagioni. Con fortune alterne alla Roma, con più efficacia in nazionale. Non è più il terzino al quale si chiede tanta gamba, tante accelerazioni, tante sovrapposizioni, e l’occupazione dell’ampiezza continua, ma un giocatore che ha la funzione di aiutare i centrali difensivi in fase di impostazione, di creare una linea da 3, alla quale si aggiungono due mediani. Questo blocco creato da 5 uomini ha la funzione di mantenere il possesso del pallone, di dare subito l’impronta che Mister Mancini vuol dare alla squadra, facendo rendere in maniera perfetta giocatori che in altre condizioni sono andati in difficoltà, come Jorginho e Verratti (ad esempio). La funzione di Florenzi non si riferisce però solo alla fase di costruzione della manovra, ma anche a quella di transizione negativa, ovvero quel momento in cui tu hai la palla, la perdi, e sei irrimediabilmente sbilanciato.
Ben diversa, invece, è la funzione di Emerson Palmieri, che ha praticamente occupato sempre l’ampiezza, ma in zone più alte del campo, creando un lato forte di costruzione e gestione dell’azione nella parte sinistra del campo (sottolineato dalle 4 linee ben più marcate sopra, quelle che percorrono l’italo-brasiliano, Insigne, Locatelli e Bastoni).

Guardando questa immagine direttamente dalla gara, direste che Emerson Palmieri è un tradizionale terzino del 4-3-3? E Florenzi?
Come esplicato decisamente meglio da Fabio Barcellona nel suo pezzo per l’Ultimo Uomo:
Il modulo è un abito cucito di volta in volta sulle diverse esigenze tattiche della partita: l’identità di una squadra si definisce allora nei princìpi di gioco adottati e non più nel modulo di gioco scelto. All’interno di questa cornice la posizione dei calciatori non ne definisce ormai il ruolo, che è invece determinato dalle funzioni svolte in campo. E come conseguenza diretta, il calcio di oggi richiede ai calciatori un bagaglio tecnico completo che gli permetta di interpretare ogni singolo momento della partita: calciatori meno legati a soluzioni rigide, capaci di rispondere alla estrema variabilità del gioco del calcio.
Provando a rispondere, dunque, alla domanda che ho posto ad inizio articolo “A cosa servono i numeri quando si parla di moduli di gioco?“, probabilmente a nulla, se non a velocizzare il discorso ai fini giornalistici. Pur non cadendo però nell’approssimazione, pur non pensando di poter di conseguenza leggere e parlare di una partita di calcio senza guardarla, ma semplicemente appigliandosi a questi numeri… che non spiegati, non esplicitati, a poco servono.
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